Secondo gli storici romani la coltura dell'olivo sarebbe stata introdotta in Etruria da Tarquinio Prisco figlio del greco Demarato. Per gran parte del VII secolo a.C. l'olio fu importato dalla Grecia e il suo uso era per scopi alimentari, sportivi, di illuminazione e per la cosmesi. Tuttavia nell’alimentazione l'olio era impiegato sporadicamente (dovevano trovare un consumo più largo i grassi animali), mentre più diffuso era il consumo delle olive; nell’ambito sportivo era comunemente utilizzato dagli atleti, specialmente dai lottatori. Notevole doveva essere il suo impiego per alimentare le lucerne o i grandi lampadari che servivano per illuminare. Nel mondo della bellezza l'olio era usato, unitamente a sostanze profumate, dalle aristocratiche etrusche. Il prezioso liquido doveva accompagnare anche la pratica di profumare il defunto con unguenti. A partire dal 640 – 630 a.C., grazie alle conoscenze tecniche acquisite dalla Magna Grecia sulla coltivazione dell'olivo, le produzioni etrusche iniziano a far concorrenza a quelle greche. Conferma di tale processo è anche il vocabolario oleario etrusco che, preso in prestito dal greco, passò poi al latino. Un esempio è l'iscrizione etrusca aska mi eleivana, della fine del VII secolo a.C., in cui il termine eleivana che deriva da quello greco elaion, diviene oleum in latino e successivamente olio in italiano.